Calciopoli, dichiarazioni choc. La bomba di Natale

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calciopoli |© GIULIO PISCITELLI/AFP/Getty Images

Calciopoli, e se fosse stato tutto falso? Una domanda lecita dopo aver letto le dichiarazioni choc rilasciate da un investigatore al quotidiano Corriere dello Sport, andato oggi in edicola con lo scandalo Calciopoli in evidenza. Dopo il calcio-scommesse, torna in prima pagina il terremoto che sconvolse 5 anni e mezzo fa il mondo del calcio italiano, a pochi giorni prima dall’inizio del Mondiale che ci avrebbe visto protagonisti assoluti.

DENTRO CALCIOPOLI – A parlare non è un imputato né un semplice tifoso che disquisisce al bar dello sport. Per la prima volta un investigatore attivo nell’inchiesta sceglie di rompere il silenzio e rilasciare dichiarazioni bomba alla redazione del Corriere dello Sport. Si tratta di uno dei dodici uomini chiamati ad ascoltare le intercettazioni dei telefoni più scottanti del pallone nostrano. Rivela come si svolgevano le indagini, gli uomini chiave della vicenda, le anomalie, tutto ciò che è rimasto rinchiuso dentro un cassetto dimenticato e che ora rischia di fare più danni del vaso di Pandora.

Luciano Moggi, processo Calciopoli |© GIULIO PISCITELLI/AFP/Getty Images

IL SERVER DELLE INTERCETTAZIONI – L’intervista vive il suo momento clou quando l’investigatore parla di un’anomalia che si ripeteva troppo spesso e che causava dei buchi rilevanti ai fini dell’inchiesta. L’innominato, per sua stessa volontà, racconta di come il server delle intercettazioni avesse numerosi problemi di linea durante la giornata. Nel passo chiave dell’intervista si legge:

 La cosa un po’ anomala è il server delle intercettazioni. E’ in Procura, a Roma, a Piazzale Clodio. Quando c’era qualche problema, e capitava spesso, telefonavamo a chi era in Procura: “Guarda, la postazione 15 qui non funziona, che è successo?” “Vabbé adesso controllo….”. Dopo un po’ richiamavano da Piazzale Clodio: “Ti ho ridato la linea, vedi un po’”. Andavi a controllare, magari avevi finito alla telefonata 250 e ti ritrovavi alla telefonata 280. E le altre 30? “Me le so perse…

A proposito del server, l’investigatore chiarisce come chi contattava il responsabile del server fosse il colonnello Auricchio, ovvero il titolare dell’indagine che ha portato alla condanna di Moggi e della cosidetta “cupola”.

I BAFFETTI – Un’altra dichiarazione chiave che emerge è quella relativa alla scomparsa dei cosiddetti “baffetti rossi”, le intercettazioni ritenute cruciali dai dodici investigatori. Alla domanda del giornalista su chi decidesse quali baffetti passavano la seconda fase della scrematura, l’innominato risponde sempre con lo stesso nome: il colonnello Auricchio. Tra le intercettazioni mancanti figurerebbero quelle riguardanti l’Inter.

NESSUN COLPEVOLE – Farà sicuramente discutere la posizione dell’investigatore a proposito delle condanne effettuate in primo grado. Sostiene come “partite veramente truccate, dove l’arbitro è stato veramente coinvolto. Non ci sono”. Di conseguenza anche l’intero processo Calciopoli sarebbe stato una farsa.

INVENZIONI – Pesantissimo il passaggio in cui l’innominato cita Martino Manfredi, ex segretario della Can A-B, affermando che all’inizio delle indagini l’ex segretario della Commissione arbitri avesse negato qualsiasi coinvolgimento della classe arbitrale. Qualche tempo più tardi, continua l’investigatore, lo stesso Manfredi entrò a far parte della Federcalcio, e solo da allora fece dichiarazioni spontanee sulla “storia delle palline” (palline speciali che sarebbero state utilizzate durante i sorteggi degli arbitri).

BUFERA A NATALE – L’intervista, consultabile sul sito corrieredellosport.it, è destinata a scatenare una nuova bufera nel mondo del calcio. Calciopoli è stata davvero una farsa colossale? Moggi è realmente la sciagura del calcio nostrano? Le certezze del passato stanno cominciando a vacillare pericolosamente.

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