Disfatta azzurra: l’epilogo di un destino già scritto

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Berlino 2006 sembra distante anni luce. L’Italia, stenta, arranca e non mette in luce nemmeno il tanto agognato gruppo che in Germania si rivelò l’arma in più. Ma davvero si poteva pensare ad un’Italia diversa di quella “ammirata” con Paraguay e Nuova Zelanda?

Il movimento calcistico azzurro è in uno dei momenti più bassi della sua storia e Lippi ha ragione nel dire che a casa non ci sono fenomeni. Non esiste un vice Buffon, non c’è un sostituto di Cannavaro e in attacco non abbiamo più i Baggio o i Vieri.

Tifosi e giornalisti, ma anche Lippi e i giocatori, sperano nel ritorno di Pirlo, anch’esso non più il playmaker di quattro anni fa e con una stagione non esaltante alle spalle con la maglia del Milan.

L’errore è a monte. L’Italia doveva ripartire dal Sudafrica non con i protagonisti di Berlino 2006 ma per lavorare per il futuro. E’ stato un errore richiamare Lippi invece di pensare a costruire la rosa che verrà magari tentando di sfruttare questa occasione per costruire la vittoria del prossimo Europeo.

Magari passeremo il turno e poi troveremo “lo Schillaci” che di gol in gol ci porterà fino in fondo (Chi ci crede?) ma di questa nazionale son molti ad aver la vista annebbiata. Lippi, uomo in più di Germania, è passivo e irritante.

Contro la Nuova Zelanda schiera la doppia torre (Gilardino e Iaquinta) ma poi in conferenza stampa post partita dice che non aveva preparato la partita per i lanci sulle punte. Marchisio, già in bambola contro il Paraguay, è ancora usato come tappa buchi prima a destra e poi a sinistra. Un organico senza stelle avrebbe avuto bisogno dell’inventiva tecnica, di un modo di stanare la rocciosa difesa dall’area di rigore.

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