F1, Ferrari e Red Bull lasciano la FOTA

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Stefano Domenicali e Chris Horner | © FRED DUFOUR/AFP/Getty Images

Le crepe che si erano aperte nelle settimane scorse non erano nient’altro che le prime avvisaglie di una imminente spaccatura all’interno della FOTA, l’associazione che riunisce sotto un unico organo tutti i team che partecipano al Mondiale di Formula 1 istituito nel 2008 e il cui compito principale è quello di interlocuire con la FIA per la salvaguardia dei diritti commerciali e del bene comune delle scuderie.

Stefano Domenicali e Chris Horner | © FRED DUFOUR/AFP/Getty Images

Sono due i team che hanno formulato richiesta di uscita dall’organizzazione, come si apprende da un portavoce della FOTA che però non ne fa il nome. Non è difficile però intuire di quali scuderie si tratta: la Ferrari infatti ha confermato tutto tramite un comunicato ufficiale e la Red Bull lo ha fatto indirettamente per bocca del team principal della scuderia austriaca Chris Horner che ha fatto intendere come ormai l’organizzazione sia giunta ad un bivio in merito alle problematiche della F1 e che l’associazione non avrebbe più motivo di esistere se non si dovessero trovare le giuste soluzioni comuni. Sulla stessa lunghezza d’onda il responsabile della gestione sportiva del Cavallino Rampante Stefano Domenicali.

Alla base della decisione della Ferrari il fatto che gli accordi stipulati nel Resource Restriction Agreement per la riduzione dei costi non siano stati rispettati (velati riferimenti alla Red Bull). La proposta della scuderia di Maranello era quella di porre delle limitazioni per quanto riguarda l’aerodinamica e l’allargamento quindi della ricerca anche ad altri settori con la reintroduzione delle sessioni dei test privati per far sì che la progettazione e lo sviluppo della vettura avvennissero più che altro in pista e non nelle gallerie del vento. Inoltre il presidente Luca Cordero di Montezemolo aveva rilanciato anche con l’introduzione/reintroduzione della customer car, una terza vettura da “vendere” a team minori ad un prezzo inferiore di quanto effettivamente non costi la progettazione di una vettura propria, favorendo così un livellamento tra top team e scuderie minori ma allo stesso tempo snaturando il principio del mondiale costruttori per come è inteso oggi.

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