Fair play finanziario, l’Uefa fa sul serio

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Fair play finanziario, l'Uefa ora fa sul serio | © Harold Cunningham/Getty Images

Fair play finanziario, questo sconosciuto. Cerchiamo di fare chiarezza su uno dei concetti maggiormente discussi in ambito calcistico-gestionale, andando a comprendere quale sia la ragione alla base della sua introduzione e come questo possa influire sulle vicende quotidiane dei diversi club. L’idea di fari play finanziario nasce nel 2009 dalla considerazione, tutto sommato ovvia, che nel calcio moderno le maggiori disparità tra club – in termini di competitività – nascano proprio dall’aspetto economico, ossia dalle diverse disponibilità che, di conseguenza, influenzano le possibilità di investimento. Il fair play finanziario, dunque, è divenuto uno degli undici valori promossi dall’Uefa e, in particolar modo, dal suo presidente Michel Platini. Il concetto è semplice: cercare di far sì che tutti i club possano avere possibilità economiche quanto più equilibrate al fine di salvaguardare la giusta competizione, evitando lo strapotere (in termini economici oligopolio) di pochi eletti, quali Real Madrid, Bayern Monaco, Barcellona, Manchester United e, new entry, il Paris Saint Germain, facendo in modo da evitare che le squadre che rispettano le regole soccombano di fronte ai milioni sonanti delle super big.

Nel dettaglio, gli obiettivi del fair play finanziario di sostanziano in diversi punti, tra cui i più salienti sono: stimolare l’auto-sostenibilità delle società nel lungo periodo, stimolare la crescita delle infrastrutture, valorizzare i settori giovanili, incoraggiare le società a competere entro i propri introiti.  Il primo ed il secondo punto, dunque, mirano a creare un circolo virtuoso che leghi insieme costruzione di strutture di proprietà (stadi, musei, spazi dedicati) che possano divenire fonti di guadagno stabili e durature nel tempo, in modo da sganciare le società di calcio dalla dipendenza-diritti televisivi. Il modello italiano, in tal senso, è la Juventus che da tre anni ha intrapreso questa strada, a sua volta emulando il modello inglese che, per anni, ha fatto scuola. La valorizzazione del settore giovanile, poi, rientra fra i punti chiave proprio perchè permette di sganciarsi dalle logiche delle folli aste di mercato: il vivaio è un “prodotto” da curare con pazienza e progettualità e, solo così, darà i suoi frutti. L’ultimo punto legato al fair play finanziario è, poi, collegato all’obiettivo “No debito“, considerando che molte società, soprattutto negli anni trascorsi, erano solite chiudere il bilancio in perdita.

Fair play finanziario, l'Uefa ora fa sul serio | © Harold Cunningham/Getty Images
Fair play finanziario, l’Uefa ora fa sul serio | © Harold Cunningham/Getty Images

Su questo punto la stessa Uefa effettua un’azione di monitoraggio finalizzata a verificare che non siano presenti debiti arretrati, che siano fornite informazioni finanziarie inerenti l’orizzonte temporale futuro (una sorta di budget finanziario) e che, soprattutto, si raggiunga il pareggio di bilancio. Gli esiti di tale monitoraggio sono, poi, fortemente connessi alle sorti sportive dei club: le sanzioni, infatti, per mancato rispetto dei “punti” fissati per il fair play finanziario possono comportare anche la mancata iscrizione alle competizioni europee, quali Champions League ed Europa League, così come già sperimentato da alcuni club come Malaga,Partizan Belgrado, Dinamo Bucarest e Rapid Bucarest.

Fino al 2018, tuttavia, sarà concesso un “margine” di deficit pari a cinque milioni di euro ed ulteriori possibili “aggiustamenti” a patto che le eventuali perdite, non superiori ad un tot fissato, vengano ripianate con tempestività. Nonostante tali deroghe, però, a partire da quest’anno il periodo di “prova” è terminato e la mannaia delle decisioni Uefa  in agguato non consente ai club di dormire sonni tranquilli: saranno puniti i club che sforeranno di 45 milioni. Basti pensare che, in questi giorni, è prevista un’ispezione presso la sede del Psg proprio per verificare alcuni documenti finanziari e, in particolare, l’accordo di sponsorizzazione che lega il club parigino all’ente turismo Qatar e che frutta al club il 50% dei suoi ricavi annui, circa 200 milioni di euro, permettendogli di abbattere le perdite di bilancio. In tal caso, il forte sospetto è che l’operazione sia una “manovra interna” e che nasconda, dunque, un aumento di capitale considerando che il Psg è di proprietà proprio del Qatar Sport Investment. Ma il presidente Platini farà un “torto” al principale club francese?  In passato l’ex numero dieci aveva annunciato di “non voler guardare in faccia nessuno” e, ovviamente, se di fair play si parla è necessario che le regole siano uguali per tutti.

Tra le italiane, nessun problema fair play finanziario – ad oggi – per le big, ad eccezione dell‘Inter che potrebbe chiudere in rosso di 70 milioni il bilancio di quest’anno. Thohir dovrà compiere molti sforzi per ripianare: sarà sufficiente?

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