Moggi: “Tronchetti ha dichiarato il falso sulle intercettazioni”

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Luciano Moggi dalle poltrone di 7 Gold nell’ormai nota trasmissione Studio Stadio continua a dir la sue verità in merito alla vicenda Calciopoli. Il soggetto delle sue accuse questa volta e Tronchetti Provera, il patron di Telecom e consigliere dell’Inter è infatti stato richiamato a deporre in merito alle intercettazioni fatte da Tavaroli e a suo dire non commissionate da nessuno:

“Nessuno ci ha mai regalato niente, anzi. Basti pensare agli scudetti che abbiamo perso durante la mia gestione prima con la Lazio per i 75 minuti di attesa sotto il diluvio di Perugia ad opera di Collina, evento mai verificatosi in precedenza e poi con la Roma per le regole sugli extracomunitari cambiate in corsa, che consentirono a Nakata di esser decisivo nella sfida Juventus-Roma di Torino! Le cose stanno comunque venendo fuori. Si pensi alle bugie di Tronchetti Provera che è stato richiamato nuovamente per testimoniare in Tribunale nella vicenda Telecom”

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  1. Friday, December 15, 2006
    CON GLI ARBITRI DI CALCIOPOLI DANNEGGIATE JUVE E FIORENTINA
    LO STUDIO
    FABRIZIO BIASIN
    Da Libero di giovedì 14 Dicembre 2006
    Guarda un po’: dopo le chiacchiere, le accuse, i fiumi di parole e le polemiche varie, nell’ambito del celebre caso Calciopoli salta fuori uno studio quantomeno singolare. Quattro cervelloni dell’Università di Londra (Walter Distaso e Leo Leonida della “Queen Mary University”) e dell’Università di Messina (Dario Maimone e Pietro Navarra), si sono arrovellati su fatti, arbitri indagati, sfaccettature e numeri del torneo di serie A 2004-05. Per capirci: quello vinto dalla Juventus, ma sottratto alla stessa dopo mesi di indagini da parte della procura di Napoli. «Moggi e i suoi hanno condizionato questo e quell’arbitro» si diceva, e quindi «è giusto togliere il tricolore dalle maglie dei bianconeri». Così è stato fatto, storia dell’ultima, focosa estate. Passano i giorni, le temperature si abbassano e i suddetti studiosi si lanciano in un calcolo a 360 gradi neanche troppo complicato. Cosa risulta dalle scartoffie? Pensa te, i bianconeri con gli arbitri inizialmente indagati (De Santis, Rodomonti, Bertini, Dondarini, Rocchi, Messina, Gabriele, Racalbuto e Tagliavento) conquistavano meno punti che con quelli cosiddetti “puliti”. E in numeri – si sa – non mentono. A far quattro conti risulta che Del Piero e compagni – capaci di mantenere una media punti pari a 2,63 nelle partite dirette dagli arbitri senza macchia – con quelli sotto inchiesta si sono dovuti accontentare di una media punti pari a 1,89. Mica male se si tiene presente un altro dato: sul totale di 38 partite i bianconeri sono stati fischiati equamente dai “corretti” e dai “corrotti” (diciannove partite dirette per categoria). Strano no? Di più, secondo lo studio la stessa sorte è toccata ad altre due squadre penalizzate: il Milan (2,19 punti in media contro 2) e la Fiorentina (1,22 punti in media contro 0,93). In pratica solo la Lazio tra le squadre penalizzate ha ricevuto vantaggi (e che vantaggi) dagli arbitri sotto inchiesta; secondo lo studio, infatti, i biancocelesti (arbitrati 11 volte dagli arbitri sotto inchiesta contro 27 direzioni “pulite”) hanno toccato una media punti pari a 2 con i primi e pari a 0,81 con i secondi. Ora, o la Lazio era maestra indiscussa nel cosiddetto “campionato parallelo”, o qualcosa non torna: ma come, questi qua condizionavano i fischietti a loro piacimento e con gli stessi ottenevano meno punti? Parola a uno dei promotori dello studio, Pietro Navarra: «Il nostro è uno studio puramente statistico. Non ci interessa, nè siamo in grado di stabilire, se Moggi e gli altri dirigenti indagati potevano condizionare le partite, ma dal nostro punto di vista possiamo mettere in evidenza tre ipotesi più che valide: o non esisteva alcun condizionamento arbitrale nel torneo 2004-05, o esisteva ma non ha prodotto risultati rilevanti, o è possibile pensare a uno scontro tra dirigenti per l’acquisizione del sistema calcio che ha dato luogo a società vincenti e perdenti in quello che possiamo definire “campionato parallelo”». Tre ipotesi e un solo punto fermo: Juventus (in maniera evidente), Fiorentina e Milan in termini complessivi non hanno ottenuto vantaggi dagli arbitri inquisiti. «In più – continua Navarra – nello studio abbiamo tenuto conto anche della forza degli avversari affrontati dalle squadre coinvolte. La Juventus, per esempio, ha incontrato squadre più forti nelle partite dirette dagli arbitri sotto inchiesta. Questo potrebbe spiegare, almeno in parte, la considerevole differenza nella media punti complessiva».

    E’ SEMPRE COLPA DELLA JUVENTUS, MA LE PROVE NON SALTANO MAI FUORI
    LUCIANO MOGGI
    Da Libero di giovedì 14 Dicembre 2006

    In un pezzo di venerdì 8 dicembre che definirei quantomeno complicato, l’editorialista della Gazzetta, Franco Arturi, che pure di solito è assai più chiaro e concludente, si avventura in un discorso su “complotti” e “cospirazioni” la cui chiave di lettura mi sfugge, ma che in un dettaglio mi sembra chiarissimo. Quel “dettaglio” coinvolge il solito accanimento del giornale verso il sottoscritto e la riproposizione di presunte (mezze) verità atte a colpire la mia persona.

    La Rosea attacca ancora… ma non colpisce nel segno
    Mi pare, infatti, che tutto il discorso dei complotti veri o falsi tenda unicamente a tenere fresca la memoria sul «complotto reale», come lo definisce l’articolista, «individuato dalla giustizia sportiva nell’estate scorsa». La Rosea, insomma, si preoccupa che l’impalcatura che ha contribuito a creare, possa essere messa a dura prova da un razionale revisionismo, oltre che dal trascorrere del tempo, che a sua volta fa vedere le cose in una luce più giusta. E allora dagli a insistere su opportuni passi della sentenza (ovviamente quelli che avvallano la tesi colpevolista), e nessuna tesi contraria. Un esempio? In alcuni passi della sentenza presi in esame dall’articolista si parla di gravi episodi di «illecito sportivo» ma, per la configurazione di questa fattispecie (come dicono i giuristi), la stessa sentenza ha riconosciuto che gli atti posti in essere per compiere l’illecito devono comunque essere «idonei, adeguati, avere un’efficacia». Non ci sono prove – dice la sentenza – siamo di fronte ad atti sleali, deontologicamente condannabili come violazioni dell’art 1: niente illeciti, insomma. Anche perché, come è stato osservato da illustri giuristi, più violazioni di “articoli 1” non possono generare un “articolo 6”, quello che evidenzia l’illecito sportivo. La Rosea finge di dimenticare che proprio il presidente della Corte Federale, Pietro Sandulli, in un’intervista al “Romanista” aveva affermato che il campionato 2004-05 era stato regolare e che non c’erano stati illeciti. Punzecchiato dalla Rosea lo stesso Sandulli aveva fatto dei distinguo che non avevano affatto modificato il concetto base. Sandulli infatti affermava: «Abbiamo dovuto ammettere che non era possibile parlare di “illecito conclamato”, ma si trattava di una serie di violazioni, di condizionamenti». E ancora: «Non c’era la prova provata dell’illecito come viene inteso nella scrittura del codice di giustizia sportiva, ma da questo – soggiungeva forse per compiacere la Rosea – a parlare di campionato regolare ne passa. L’unico dubbio riguarda la partita Lecce-Parma». Peccato per Sandulli che nella dichiarazione precedente fatta al “Romanista”, e mai smentita, diceva proprio che «il campionato era stato regolare». Alla memoria a senso unico di Arturi, mi sembra giusto ricordare anche le dichiarazioni fatte da due illustri giuristi, uno dei quali è Corrado De Biase, il giudice che si occupò della vicenda calcio scommesse nel 1980, secondo il quale «il procedimento di Calciopoli è stato un aborto giuridico». Dice De Biase all’emittente toscana “Rete 37”: «Se si vuole espletare in due settimane un procedimento che richiederebbe almeno sei mesi, non può che venir fuori un aborto giuridico. Quando si cassa per motivi di tempo un grado di giudizio, quando si impedisce agli imputati di portare testimoni, dossier e filmati in loro discolpa, ma gli si concedono soltanto 15 minuti per un’arringa difensiva, non si può che parlare di aborto giuridico. Quando non si concedono agli avvocati difensori i testi integrali delle intercettazioni, adducendo che non sono pertinenti, si può solo parlare di aborto giuridico. Quando infine si disassegna un titolo a una squadra, la Juventus, per assegnarlo ad un’altra, l’internazionale, prima che sia pronunciato il verdetto del primo iter istruttorio, allora siamo ben oltre l’aborto giuridico. (…) In ogni paese che si definisca civile eventuali pene e sanzioni devono essere comminate dopo che sia stato verbalizzato un verdetto di colpevolezza, mai prima. Una penalizzazione di 8-10 punti, una multa e la squalifica di Moggi e Giraudo per 10-12 mesi, questa era la pena congrua a mio parere. Ogni parallelo con la vicenda del 1980 è improponibile: qua non ci sono tracce di illecito, né denaro o assegni. L’illecito ambientale non è reato contemplato da nessun codice, a meno che non si parli di inquinamento atmosferico». Come disse il professor Manzella: «No money, no girls». A sua volta l’ex presidente della Corte Costituzionale, Antonio Baldassarre, in un’intervista a “Tuttosport”, ricordava che il commissario Guido Rossi era stato membro del Cda dell’inter e questo non aveva certo «contribuito a creare una situazione limpida»; per quanto riguarda il procedimento, sottolineava che erano stati usati «metodi sommari da non meritare neanche il termine “giustizia”». Sempre all’articolista della Rosea posso ricordare i contrasti che c’erano stati all’interno della stessa Corte, per le dichiarazioni di uno dei giudici, Mario Serio, che aveva “rivelato” che la sentenza aveva tenuto conto «dell’emozione del Paese, dei moti di piazza».

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