Gli addii, si sa, portano con se sempre un sapore di tristezza e nostalgia per quello che è stato e non sarà, per ciò che è finito e non tornerà più. Per un calciatore come Fabio Cannavaro, giunto da subito ad alti livelli agonistici e vissuto per la quasi totalità della sua carriera agonistica sulla cresta dell’onda, dipinto come uno dei migliori difensori al mondo, vincitore di un Pallone d’Oro successivo al trionfo Mondiale di Berlino, quando, da capitano Azzurro, ebbe l’onore di alzare al cielo il trofeo più importante.