
Hamilton come Schumacher, il parallelo spaventa (Foto Instagram - ilpallonaro.com)
Lewis Hamilton fatica ancora a trovare il feeling con la Ferrari, e le sue parole dopo il GP di Spagna alimentano più dubbi che speranze.
È inutile girarci intorno: per ora, l’avventura di Lewis Hamilton in Ferrari somiglia più a una corsa a ostacoli che a un sogno diventato realtà. L’arrivo del sette volte campione del mondo a Maranello aveva infiammato tifosi e addetti ai lavori, ma a distanza di qualche mese, la realtà è molto diversa dalle aspettative.
Il GP di Spagna, corso a Barcellona, non ha fatto altro che confermare le difficoltà già emerse nelle gare precedenti. E stavolta, a fare più rumore del risultato in sé – comunque deludente – sono state le dichiarazioni rilasciate dal pilota inglese dopo la bandiera a scacchi.
Hamilton come Schumacher, la paura tra i tifosi
Davanti ai microfoni Hamilton non ha nascosto nulla. Anzi, ha lasciato trasparire un senso di disorientamento, di rassegnazione quasi, che non può passare inosservato. Parole pronunciate con quel tono stanco che dice più di mille giri di pista. Ha parlato di mancanza di fiducia, di una macchina che non sente sua, e di un ambiente in cui fatica ancora a riconoscersi. Una Ferrari che, per ora, sembra più un vestito cucito male che un’armatura da combattimento. E non si tratta solo di tempi sul giro o di assetti sbagliati: qui si parla di identità, di feeling, di connessione con un mondo che, storicamente, non è facile da decifrare per chi arriva da fuori.

Senza ombra di dubbio, c’è anche chi cerca di vedere il quadro da un’altra prospettiva. David Coulthard, per esempio, ha tracciato un parallelo piuttosto interessante. Secondo l’ex pilota scozzese, il percorso di Hamilton somiglia a quello intrapreso da Michael Schumacher nel 2010, quando lasciò la Ferrari per tornare in Formula 1 con la Mercedes. Una scelta che, all’epoca, suscitò sorpresa e qualche critica. Anche allora si parlava di eredità pesanti, di nuove sfide, di adattamenti complessi. Coulthard ha detto chiaramente: “Alla fine, però, questo è il viaggio di Lewis, la sua storia, il libro che sta scrivendo. Forse vincerà un Gran Premio, forse vincerà un campionato, o forse no”. Parole che sembrano scolpite nella roccia, perché in fondo il motorsport è anche questo: un intreccio di ambizioni, imprevisti e percorsi individuali.
Però, la sensazione che si respira nel paddock è quella di un’integrazione che ancora non c’è. E questo, per un pilota come Hamilton, abituato a sentirsi al centro di un progetto, è un problema serio. Per vincere serve molto di più del talento, serve un sistema che ti protegge, ti accompagna e ti capisce. E al momento, il “mondo Ferrari” pare parlare una lingua diversa da quella del campione inglese. Certo, siamo solo a metà stagione e tutto può ancora cambiare, ma la sensazione che si fa strada è che questa unione, per adesso, sia più fragile di quanto si voglia ammettere.
In conclusione, Hamilton ha davanti a sé una salita ripida. Non è solo questione di tempi o classifiche, è una sfida più profonda. E chissà, forse proprio da questa crisi personale potrebbe nascere un nuovo capitolo della sua carriera. O forse no.