
Schumacher, resta solo il ricordo: "È stato bellissimo" - Ilpallonaro.com (screen Youtube)
C’era qualcosa di magico quando Michael Schumacher saliva in monoposto: non era solo guida, ma un’affermazione di dominio assoluto.
Sbarcato in Ferrari nel 1996, il tedesco ha trasformato un team in difficoltà nel regno indiscusso della F1, riportando a Maranello il titolo dopo 21 anni con il suo primo mondiale nel 2000. Da lì in poi, fu un susseguirsi di stagioni trionfali: cinque titoli consecutivi tra il 2000 e il 2004, una serie che segnò un’epoca di supremazia tecnica e mentale. Le sue manovre in pista erano lezioni di perfezione: sprint al sabato, gestione al limite la domenica. Era l’immagine del pilota completo: determinazione glaciale in staccata, lucidità chirurgica nel duello ruota a ruota. Momento in cui tutto sembrava possibile, Schumacher faceva sembrare tutto naturale – quasi banale. Per milioni di tifosi era il “Kaiser”, un soprannome che spiega tutto: un imperatore al volante, il simbolo del dominio sportivo per la Ferrari e per intere generazioni di appassionati.
Oggi, in un’epoca in cui la Ferrari fatica a ritrovare una macchina vincente, il paragone con Schumacher pesa come un macigno. I tifosi lo sognano ancora: che possa rispuntare un altro campione in grado di salire sul podio mondiale, di competere con l’intensità e la costanza del suo monumento. Fino a quando quel ricordo rimarrà vivido, ogni vittoria rossa verrà celebrata come una rivincita culturale, e ogni mancata stagione all’altezza diventa una ferita aperta.
Hakkinen ricorda Schumi: “Lo avrei voluto come compagno di squadra”
A più di due decenni dal loro eterno duello, Mika Hakkinen non nasconde l’ammirazione per Schumacher. In un’intervista sul podcast Drive to Win, il finlandese ha ribadito che quegli anni in McLaren, sfidandolo fino all’ultimo, sono stati tra i momenti più intensi della sua carriera. Hakkinen, doppio iridato nel ’98 e ’99, ha raccontato lo shock nel ripensare alla rivalità: “Non sono mai stato compagno di squadra di Michael Schumacher, ma sarebbe stato affascinante. In pista era bellissimo osservarlo: la frenata, l’ingresso in curva… un mix di rabbia, talento e forza fisica”. Parole che gettano luce sul perché quei duelli rientrino tra i più memorabili della F1: non solo per il risultato, ma per la loro estetica agonistica.

Osservavo con calma, nelle curve a bassa, media e alta velocità, la sua tecnica – ha ammesso Hakkinen – è stato affascinante seguirlo e imparare. In un’epoca in cui la telemetria era già alta, rimaneva lo sguardo di un pilota top su un rivale da rispettare: Schumacher incuteva più paura con lo sguardo che con la monoposto. E oggi, lo stesso Hakkinen sotto le luci dei riflettori difende la guida aggressiva di Max Verstappen, a rischio squalifica dopo l’incidente con Russell.