
Sinner choc, ammissione drammatica: tifosi sconvolti - Ilpallonaro.com (screen Youotube)
Due anni fa nessuno avrebbe potuto immaginare che Jannik Sinner, oggi numero uno del mondo, avrebbe preso parte – inconsapevolmente – a una delle pagine più drammatiche e delicate del tennis.
Il giovane altoatesino, già allora astro nascente del tennis mondiale, era concentrato sulla sua scalata al vertice, sul perfezionamento tecnico e sull’equilibrio mentale richiesto per restare in cima. Eppure, anche il tennis, come la vita, a volte intreccia i destini in modo imprevedibile. Oggi Sinner è un simbolo di costanza, forza mentale, dedizione assoluta. Dopo il rientro dagli Internazionali d’Italia, dove ha consolidato il primato nel ranking ATP nonostante la sconfitta in finale contro Carlos Alcaraz, nessuno mette in dubbio la sua statura tecnica.
Ma nel racconto ossessivo del successo, si dimentica spesso un principio basilare: la salute. Non quella muscolare, non quella che si misura in giorni di recupero o in trattamenti fisioterapici. Ma quella invisibile, che si annida nei silenzi, negli sguardi vuoti, nei pensieri che diventano più forti del corpo. Per ogni match giocato, per ogni vittoria celebrata, ci sono fragilità che restano fuori dall’inquadratura. E Sinner, come tanti altri, è parte di un sistema che troppo spesso esige sempre di più, senza mai chiedersi cosa accada davvero oltre le linee del campo. È da questo contesto che emerge, con forza, la storia di Emil Ruusuvuori.
La triste storia di Ruusuvuori: “Non riuscivo a respirare”
A raccontarla è stato lo stesso Ruusuvuori, in un’intervista toccante rilasciata all’ATP. Il tennista finlandese, oggi scivolato al numero 254 del mondo dopo aver toccato la 37a posizione, ha parlato apertamente dei problemi di salute mentale che lo hanno travolto, portandolo a ritirarsi dal tennis per quasi sei mesi. Tra i passaggi più forti del suo racconto c’è proprio la sfida contro Jannik Sinner a Miami, nel 2023: “Tre anni fa a Miami ebbi il primo vero attacco di panico. Non riuscivo a respirare, la mia mente era impazzita… qualche giorno dopo portai Sinner al terzo set, ma nessuno poteva immaginare ciò che stavo vivendo. A Montreal mi ritirai con la scusa di un virus intestinale e da quel giorno non toccai più la racchetta per quattro mesi e mezzo”.

Il finlandese ha raccontato di aver vissuto per anni in una routine fatta solo di tornei, senza più sentire gioia, né desiderio. Mi sono anche chiesto se volessi davvero vivere – ha ammesso. Un vuoto emotivo che lo ha spaventato, ma soprattutto ha colpito chi gli stava vicino: “Pensavo che non parlare dei miei problemi fosse un segno di forza, ma era l’esatto contrario. Se la mia storia può aiutare anche una sola persona, allora sarà valsa la pena”. In un mondo dove la vulnerabilità è ancora vista come debolezza, le parole di Ruusuvuori valgono come un monito. Il tennis, come ogni sport, può dare tanto, ma può anche togliere.