Esonero Allegri? Udine decisiva

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Massimiliano Allegri durante Milan-Anderlecht | ©OLIVIER MORIN/AFP/GettyImages

Qual è la parola chiave più ricercata su internet relativa al Milan? Esonero Allegri. Sì, pare che ormai tutti gli indizi portino al licenziamento del tecnico livornese. Come riportato da Sky stamani, Galliani ha ricevuto nel post partita di ieri la telefonata del patron Silvio Berlusconi. Un colloquio telefonico, il secondo nel giro di pochi giorni, che ha per certi versi segnato il destino di Allegri. La condanna sull’ex allenatore di Sassuolo e Cagliari è stata già firmata: il giudice ultimo sarà l’Udinese. Quattro giorni ancora e poi si saprà se l’attuale tecnico rossonero resterà in sella o meno. La crisi è ormai aperta, profonda, poco controllabile anche da chi è stato un perfetto gestore in questi due anni al Milan. Succede sempre così nel calcio, alla fine sono i più deboli a pagare il prezzo più salato.

Sarebbe da stupidi pensare che il flop della squadra rossonerain questo avvio di stagione sia da attribuire esclusivamente ad Allegri. Lo stravolgimento estivo della rosa non poteva non avere conseguenze immediate sul piano sportivo, anche se nessuno immaginava che potessero essere di tale portata. Manca la qualità in mezzo al campo, in attacco Ibrahimovic non c’è più, e la difesa è orfana di quello che è tutt’ora considerato il centrale difensivo più forte al mondo. Tutto chiaro, meno il perché la società non abbia rimpiazzato a dovere i calciatori che sono andati via, considerato il denaro entrato nelle casse rossonere. Qui finiscono le colpe della società, se di colpe si può parlare, e qui iniziano quelle di Allegri.

Massimiliano Allegri durante Milan-Anderlecht | ©OLIVIER MORIN/AFP/GettyImages

Dal livornese ci si aspettavano nuove idee, un gioco diverso rispetto a quello offerto negli ultimi due anni, che aveva in Ibrahimovic l’accentratore totale. Sono trascorsi più di tre mesi e la situazione sotto questo punto di vista è disperata. Contro la Sampdoria sembrava quasi che in campo ci fosse ancora Ibrahimovic, con lanci lunghi incomprensibili verso una prima punta che non c’è più. Pazzini è diverso da Ibra, non brilla tanto nel far risalire la squadra o giocare di sponda quanto invece per colpo di testa e finalizzazione  in area di rigore. Sapendo questo, perché allora proseguire nello stesso canovaccio delle ultime due stagioni?

C’è poi il caso Boateng che merita una riflessione particolare. Il ghanese si è preso la maglia numero 10, quella promessa da Galliani a Ibra prima che lo svedese fosse venduto insieme a Thiago Silva al Psg. Un maglia e un numero che assegnano pressione e responsabilità a chi la indossa. Che il Prince sia fuori forma è fin troppo evidente. Ma forse c’è qualcosa di più, un problema psicologico di fondo che frena il ghanese. Senza Ibrahimovic sono forse troppe le responsabilità che gravano sul Boa? Sì. Prima bastava passarla a Ibracadabra e lanciarsi in area (vedi Nocerino, vedi Boateng). Ora non è più possibile giocare in questa maniera e i limiti tecnici del Prince vengono a galla indistintamente. Perché quindi ostinarsi a schierarlo in quella posizione, anche se è quella preferita dal ghanese? Perché non varare il 4-3-3, con Bojan ed El Shaarawy esterni insieme a Pazzini, retrocedendo Boateng a centrocampo per dare più forza ad un reparto che con De Jong e Montolivo è ancora competitivo? L’ora della verità si avvicina, Udine è alle porte.

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