Il Giro d’Italia con il bambino in braccio, vince Rodriguez

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Joaquim Rodriguez © LUK BENIES/AFP/GettyImages

Oh, che tappone ragazzi! Direte voi: “Ma non è cambiato praticamente nulla in classifica generale!” Lo so, però vuoi mettere che da qua a domenica non abbiamo idea di chi potrà vincere questo Giro? Mettetevi comodi, che ci sarà da divertirsi.
L’unico definitivamente saltato oggi è stato Roman Kreuziger, probabilmente scottato dalle imprese di Paolino Tiralongo, diventato capitano della Astana. Oggi non ce l’ha fatta a reggere il ritmo dei migliori, e lo salutiamo tanto caramente. Ciao Roman, ci rivediamo al Tour.

Tralascio le fughe, che non hanno mai inciso sulla gara, invece concentriamoci sul gruppo. Quello che davvero continua a correre da padrone è Ivan Basso. Sarà che si sente bene, sarà che vuole far vedere chi comanda, ma anche oggi ha piazzato davanti i suoi e gli ha detto: “Pedalate come se non ci fosse un domani”. Detto, fatto. Praticamente la Liquigas ha messo un motorino davanti al gruppo, e gli altri si sono dovuti adeguare. Tutti gli altri gregari saltavano come se stessero su un campo minato, e l’unico che aveva ancora compagni di squadra era Ivan da Varese.

Sull’ultima salita, però, comincia il divertimento. Schmidt, il gregario preferito di Basso, ha i crampi e non riesce a mettersi in testa, tocca allora al capitano. Sul Giau alla fine rimangono in 6, ovvero i pretendenti alla vittoria più Pozzovivo che è ancora giovane ma mi sa che nei prossimi anni bisogna tenerlo d’occhio, perché potrebbe regalare emozioni. Anche se è Lucano, anche se ha un cognome poco spendibile sugli striscioni e soprattutto troppo lungo. Tempo che urli: “Vai Pozzovivo” lui se n’è già andato, ha già scollinato e si sta mettendo la mantellina.

Joaquim Rodriguez © LUK BENIES/AFP/GettyImages

Dicevo, sul Giau Basso si mette davanti a tirare, ma gli altri non si staccano. Né il canadese col cognome complicato, né la maglia rosa, né ScarponiRigoberto Uran Uran, che come ho già avuto modo di dire ha il nome di un personaggio dei cartoni animati e il cognome di un gruppo musicale degli anni ‘80, gli Uran Uran. 8 chilometri di salita e stanno tutti assieme. Tranne che negli 800 metri finali. Scarponi ha i crampi, e si stacca. In 800 metri becca 45 secondi, per dire cosa può succedere sullo Stelvio oppure all’Alpe di Pampeago. Se in 800 metri perdi 45 secondi, figurati cosa può accadere se uno attacca con convinzione.
Per fortuna c’è la discesa, Scarponi si ricongiunge, Basso riesce a non farsi staccare, arrivano tutti assieme e allo sprint vince Rodriguez, fregandosene del fatto di avere la maglia rosa, anzi, ancora più convinto proprio per questo.

Domani, pianura. Sono riusciti a trovare gli unici sprazzi di pianura in mezzo alle Dolomiti, per far riposare le gambe e dare un’ultima chance ai velocisti. Ovviamente, Cavendish è il favorito. Da Venerdì però non si scherza più. Montagne, montagne, cronometro. Tra l’altro la Crono riuscirò a vederla dal vivo, visto che passano a 300 metri da casa mia. Se la guardate in televisione, sono quello col cappello e i baffi. Non si sa mai, potreste intravedermi.

Io e mio figlio vi salutiamo, andiamo a fare la ricognizione all’Alpe di Pampeago con il passeggino.

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