Piermario Morosini morto per una cardiomiopatia aritmogena

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piermario morosini | © Maurizio Lagana/Getty Images

E’ stata resa nota la perizia richiesta dalla Procura di Pescara sulla morte del giovane Piermario Morosini: a stroncare la vita del calciatore lo scorso 14 aprile durante l’incontro di calcio tra Pescara e Livorno, è stata una cardiomiopatia aritmogena, una malattia di probabile origine genetica che produce aritmie ventricolari.

La cardiomiopatia aritmiogena è una causa frequente di arresto cardiaco negli sportivi di alto livello, infatti per la stessa patologia nell’agosto del 2007 è deceduto anche il calciatore del Siviglia, Antonio Puerta, quindi, purtroppo, la morte di Morosini non è un caso isolato. Secondo l’incaricato dalla procura di Pescara, il professor Cristian D’Ovidio, che aveva il compito di far luce sulla tragica morte del calciatore, la malformazione cardiaca del calciatore era in fase iniziale come si legge nelle 250 pagine della relazione stilata.

piermario morosini | © Maurizio Lagana/Getty Images

Nella relazione il professor D’Ovidio, in sintonia con la procura di Pescara, ha spiegato che, essendo in fase iniziale la patologia era molto difficile da scoprire. Dello stesso parere anche il perito della famiglia Morosini, la dottoressa Cristina Basso la quale ha confermato che la malattia era agli inizi del suo percorso e di come fosse molto difficile diagnosticarla.
La stessa dottoressa ha inoltre aggiunto che Morosini “forse” poteva avere qualche chance in più di salvarsi se dopo il malore fosse stato tempestivamente utilizzato il defibrillatore.

Sulla questione del mancato utilizzo del defibrillatore la Procura di Pescara ha aperto un fascicolo nel quale si ipotizza il reato di omicidio colposo (il defribillatore non fu utilizzato perchè, si sostenne dopo la tragedia, “c’era ancora attività cariaca”). Al momento non risultano ancora iscritti sul registro degli indagati nè i medici nè i paramedici presenti al momento del malore del giocatore sul terreno di gioco.
Infine il cardiologo conclude la relazione sostenendo che nonostante gli atleti siano continuamente sotto controllo e monitorati, alcune patologie sono difficili da individuare, nel caso della cardiomiopatia aritmiogena neanche un ecocardiogramma avrebbe potuto metterla in evidenza.

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